Epidemiologia: da molteplicità di misure a molteplicità di applicazioni

Nera Agabiti

La ricerca epidemiologica si è molto sviluppata negli ultimi decenni arricchendosi di nuovi strumenti e tecniche. Sebbene eccellenti studi epidemiologici siano stati realizzati agli inizi del XX secolo, una sistematizzazione dei principi sulla base dei quali disegnare uno studio e giudicarne la validità inizia a partire dagli anni ’50. Per definizione uno studio epidemiologico è un “esercizio di misura”. Oggetto fondamentale della ricerca epidemiologia sono la stima di occorrenza di malattia (o di eventi correlati) e l’analisi dei fattori di rischio (o determinanti).  Studi sugli effetti per la salute dei fattori ambientali sono stati alla base dello sviluppo negli anni della epidemiologia “eziologica”; più recentemente molte di queste tecniche hanno trovato vasta applicazione nell’ambito dell’epidemiologia “valutativa”.  Le principali misure di occorrenza sono l’incidenza e la prevalenza, mentre le misure di effetto più note sono l’odds ratio (OR) ed il rischio relativo (RR). Tecniche statistiche, sempre più sofisticate, supportano la metodologia epidemiologica. In campo valutativo, il disegno di studio “trial clinico randomizzato” (RCT) è lo strumento ideale per valutare l’efficacia teorica (“efficacy”) dei trattamenti, tuttavia gli studi osservazionali consentono di studiare gli eventi, le popolazioni e le relazioni nelle loro condizioni abituali e nella realtà della pratica clinica (“effectiveness”). I dati possono essere raccolti a livello aggregato, spesso utilizzando statistiche correnti (studi ecologici, studi di serie temporali) oppure a livello individuale (studi trasversali o di prevalenza, studi longitudinali di coorte, caso-controllo, case crossover, etc. ). Un aspetto importante è la validità degli studi. Uno dei principali bias (o distorsioni) degli studi osservazionali è il  cosiddetto “confondimento”. Esso  si riferisce al caso in cui la misura di associazione tra una esposizione e l'esito è “confusa” dall’effetto di un altro fattore. Per definizione, un confondente  è un fattore di rischio associato sia all’esito sia all’esposizione, ovvero è distribuito in modo eterogeneo tra i diversi livelli dell'esposizione, ma non deve essere un fattore intermedio nella catena di causalità tra esposizione ed esito.